Nella grande pentola del Teatro

è ancora Bolle a produrre ebollizioni

Perchè “Roberto Bolle and Friends” è da definire spettacolo chic? Perchè non è volgare, è raffinato, intelligente e l’intelligenza si identifica con la sensibilità dell’individuo; egli traccia un percorso sul divenire della storia del balletto senza imporla e la tecnica ne è l’ente supremo.

All’inizio del programma del recital appare addirittura su di uno schermo la lista di alcuni termini tecnici della morfologia coreica e subito si capisce che ci troviamo con le carte in piena regola.

Questo procedimento riesce ad interessare e a resistere oltre le due ore filate di spettacolo, senza intervallo. Non è certo poca cosa e, a questo punto, bisogna ricordarne l’evoluzione.

Il pubblico forse non lo sa e se lo sa non lo pensa, ma intanto esso si trova di fronte ad un colosso dalle mille pieghe e sfacettature. Bolle ci invita perciò a tenerne conto insieme con i compagni di serata e di “cordata”.

Praticamente, sotto i nostri sguardi attoniti sfila fra queste evoluzioni il miracolo, mai abbastanza ricordato, di quanto un italiano, Baldassarino da Belgioioso, in pieno Cinquecento, ha recato in terra di Francia alla corte di Caterina de Medici.

Oggi in un viaggio di ritorno ce lo troviamo scintillante, festoso, arricchito dalla scuola classico-accademica maturata nel tempo dalla corte al teatro in una serie di eccelse vicissitudini.

E’ uno sviluppo straordinario, sorprendente attraverso scontri e battaglie che non ha smarrito il suo vocabolario tradotto, qualche volta anche tradito da scuole diverse, certamente sublimato da quella francese (ricordiamo almeno Jean-Georges Noverre in pieno secolo diciottesimo).

Oggi assistiamo ad un recital di passi a due che certificano questo “progress” attraverso firme illustri di un passato e di altre di oggi che dimostrano apertamente quanto quella tecnica si sia evoluta (il “neoclassicismo balanciniano”).

Si parte dal famoso pas de deux dello “Schiaccianoci” di Ivanov (1892) danzato con la grazia di un cammeo e la maturità tecnica di Dorothée Gilbert e da Marcelo Gomes (l’una dell’Opéra di Parigi e l’altro, brasiliano, proveniente dall’American Ballet Theatre di New York).

E si arriva al celeberrimo passo a due del “Don Chisciotte” musica di Ludwing Minkus, coreografia di Marius Petipa, tipica espressione tardo-romantica portata a estreme conseguenze divistiche come s’usa fare oggi da Christine Shevchenko e Kimin Kim, chiaro prodotto della scuola coreana, dove i “tours” sono infilati come le perle di una collana.

Restando nel repertorio classico-romantico ecco il pas de deux da “Esmeralda” ancora Petipa, il grande maître di Francia, oggi celebrato nel bicentenario della nascita, anche questo segnato dalla scuola russa del Teatro Michajlovskij di San Pietroburgo, della Compagnia Stanislavskij – Nemirovich Dancenko e del Kranoyarsk Ballet per Anna Ol e da quella di Young Gyu-Choi, altro prodigio della Scuola di Seul.

Ci sono poi le novità alle quali provvede Massimiliano Volpini con straordinari effetti visivi tecnologici, interprete Roberto Bolle (“Prototype Reloaded”, “Rencontres”) e c’è il finale strepitoso “Le Grand Pas de deux” musica di Rossini, coreografia ingegnosa di Christian Spuck, caricatura del passo a due ove domina lo spirito umoristico di Alicia Amatriain oltre all’eccezionale padronanza tecnica che glielo permette.

E ci sono i cascami (di felicissima seta) della “Cenerentola” di Prokofiev-Nureyev e della “Méditation” dalla “Thaïs” di Petit e c’è ancora il noto “Mono Lisa” di Itzik Galili con Maria Eichwald e Bolle.

Il tutto, se vogliamo, manca un po’ di pathos drammatico; siamo noi a crearglielo intorno in quanto chè la freddezza, derivante dalla spinta dell’esibizione, si fa poesia di movimento.

Pathos ricuperato qualche sera dopo nella trasmissione televisiva (lo show “Danza con me” di Rai1 che ha sfiorato i cinque milioni di telespettatori) con la rocambolesca scorribanda negli ambulacri scaligeri nel duetto con Virginia Raffaele, un portento di spirito allegro, non troppo perchè arguto e soprattutto moderato, sempre divertente e spiritosissimo. Certamente parentesi risvegliatrice dalle possibili sonnolenze procurate forse, solo talvolta, dall’ampia tavolozza del balletto classico di tradizione.

Ragione per cui, al termine delle due serate, fra Teatro e Televisione, ha finito per emergere, per trionfare, la scelta di un’idea, di un gusto preciso …. e un felice inizio d’anno.

Alberto Testa

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