INAUGURATO “TORINO DANZA” CON LA COMPAGNIA DI MICHELE ANNE DE MEY

E’ molto curioso che per l’inaugurazione di un grande Festival come “Torino Danza” carico di anni e di benemerenze (direttore artistico Gigi Cristoforetti) inauguri la sua corposa stagione (9 settembre – 4 novembre) alle Fonderie Limone di Moncalieri con un non-balletto come « Kiss & Cry ».
Lo spettacolo si compie sotto i nostri occhi. Dieci artisti differentemente impegnati si affannano, corrono, forse anche soffrono per darci uno spettacolo di grande forza tecnologica: cinema, effetti illuminotecnici, bricolage di linguaggi e contaminazioni multiple tranne danza vera e propria. Una danza non eseguita da corpi umani bensì da due mani che giocano, scherzano, si intrecciano talvolta anche con humour sottile proiettate su di uno schermo. A proposito sempre più appare netto e preciso l’istinto di allontanare l’arte della danza dai palcoscenici del mondo. Si racconta la storiella di cinque amori e la si intitola, guarda caso, « Giselle ».
L’eterna domanda, che è anche la nostra, è: « Dove vanno le persone che abbiamo incontrato, conosciuto ed anche amato quando sfilano dalla nostra vita e dalla nostra memoria? » Se lo chiede una donna nell’attesa di un treno … Non ricorda la voce o il viso, sono le mani a ricordare i momenti di amori fuggitivi.
Un gioco che forse sarebbe bastato di dieci minuti, accarezzevole e tormentato e invece lo spettacolo dura novanta minuti tutti diretti, filati. L’idea è di Michèle Anne De Mey e Jaco Van Dormael con un’équipe di collaboratori considerevole, tutti impegnatissimi. Conoscevamo già la De Mey. La ricordiamo per un altro spettacolo, sedicente geniale, visto a Montreal per una rappresentazione che, al ricordo lontano, metteva in scena delle pecore e non era certo di carattere bucolico o forse, con la stessa pretenziosità di quello visto a Torino, di sentimento d’egloga virgiliana. Poesia a tratti, questo sì c’è in « Kiss & Cry ». Al punto che alla fine il pubblico, numeroso e mondano, si è messo a battere smisuratamente e a lungo le mani, avvinto e travolto da uno spettacolo che era sì semplice e complicato insieme, originale ma aveva eliminato completamente il concetto di danza.

Alberto Testa

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